Il campo dei Miracoli (2017)

alle_matteo

La storia di Pinocchio è universalmente conosciuta.

Il buon Geppetto costruisce questo burattino, simulacro di figlio, e l’omino di legno s’infila in mille avventure. Non ascolta e uccide il grillo parlante, metafora di una coscienza retta e giusta. Si brucia i piedi nel caminetto di casa. Ignora le raccomandazioni del padre e sfugge da scuola andandosi a rifugiare nel teatro dei burattini. Incontra il gatto e la volpe, archetipi perfetti del crimine e del malaffare. Subisce da questi menzogne, rapina e tentato assassinio. Viene salvato dai tre dottori e scampa l’incontro con i conigli becchini. Subisce l’ingiustizia di un tribunale assurdo che lo mette in carcere per aver denunciato un sopruso e una volta uscito di prigione finisce in catene a sostituire un cane da guardia. Sulla sua traiettoria balorda prova a vegliare la fata bambina, che però non riesce mai veramente a redimerlo. E poi il passaggio per quell’inferno barocco e surreale che è il paese dei balocchi dove avviene la sua animalesca trasformazione, come punizione alla sua condotta scanzonata e irresponsabile. A Pinocchio succedono queste e altre mille avventure, prima di finire in pasto al pescecane e, proprio all’interno del mostro marino, ritrovare il padre e la redenzione.

Questa è la storia che tutti conosciamo.

Noi l’abbiamo rappresentata (in una nostra personalissima interpretazione) dieci anni fa e abbiamo deciso di riproporla, in una nuova e inedita versione.

Leggendo e studiando il testo per capire come aderirlo al nostro lavoro e alle nostre umanità (metodo che abbiamo applicato ad ogni nostra produzione) ci siamo soffermati su due aspetti per noi particolarmente importanti. Il primo è la natura assolutamente fallimentare di Pinocchio. Lui sbaglia, inciampa continuamente, viene ingannato. Dove lui arriva si crea lo scompiglio, il caos. E nonostante ci siano il padre, la fata, il grillo, i carabinieri e mille altri “educatori” che provano a salvarlo dal suo essere irrimediabilmente molesto e “sbagliato” lui rimane fedele a se stesso. Non nvuole o non è in grado di redimersi realmente, incapace di uscire dalla sua incapacità. Pinocchio non riesce ad aderire in modo equilibrato alle regole del mondo. E su questo primo aspetto ci siamo sentiti assolutamente rappresentati e descritti, in quanto attori ed esseri umani orgogliosamente imperfetti.

Il secondo punto che che per noi era particolarmente saliente era il rapporto tra Geppetto e Pinocchio, il creatore e la sua creatura, il padre ed il figlio, il regista e la sua compagnia di attori imperfetti. Ed anche qui ci siamo sentiti terribilmente rappresentati. Perché questo rapporto fatto di aspettative, timori, tentativi di avvicinamento e reciproca comprensione, è la straordinaria metafora che lega il regista al gruppo di attori con cui lavora da dieci anni.

E dunque cosa vogliamo raccontare con la nostra personalissima e stravolta versione di Pinocchio?

Vogliamo raccontare la storia d’amore, la storia complicata, la storia meravigliosa tra un regista i suoi attori. Vogliamo raccontare di un incontro / scontro che dura da dieci anni e della ineluttabile condanna che lega l’uno agli altri. Ovvero l’impossibilità di non amare chi con violenza e delicatezza ti è entrato nella vita e nel cuore

I commenti sono chiusi.