Nel Cuore dell’Inverno – 2011

nel_cuore_inverno_altrarte_ghidorsi01La Compagnia AltrArteTeatro attiva dal 2008 e affiliata a Fita, dopo lo spettacolo “Pinocchio – La fuga di un Burattino” (Premio Speciale della Giuria al festival del Teatro di S.Lazzaro di Savena Bo. 2010) prosegue il suo percorso di ricerca e sperimentazione di nuovi linguaggi, cercando sempre di più l’autenticità e l’autonomia dei suoi protagonisti.
La nuova produzione della compagnia, interamente composta da attori diversamente abili, è una personalissima rivisitazione della favola di Biancaneve.
Il punto di vista è quello di una smarrita ed incredula figlia, che subisce la furia omicida di una matrigna crudele che con serialità instancabile insegue l’ingenua protagonista per liberarsi di lei e della sua pallida bellezza. I nani non sono più i pazienti complici della ragazza, ma sono spettatori del dramma della solitudine e dell’incredulità di una ragazza che chiede solo di essere amata come figlia e come essere umano.
Un scatola bianca come la neve contiene gli eterei personaggi di questa rappresentazione, che inizia come il racconto fedele della celebre favola per diventare sempre più una storia autobiografica e vera sul bisogno di ognuno di essere amato.

Note di Regia

nel_cuore_inverno_altrarte_ghidorsi02L’origine di tutto il lavoro è stato il testo originale dei fratelli Grimm, che si è subito presentato ricco, cupo ed evocativo, molto distante dall’icona colorata e allegra immortalata da Disney e imposta all’immaginario collettivo.
Le molteplici suggestioni che il testo presenta hanno aperto la strada ad una attenta e prolungata ricerca incentrata sugli attori e sulle loro particolari e specifiche caratteristiche: le unicità di ciascuno di essi si sono così andate naturalmente sovrapponendo ai profili dei personaggi fino a sostituirli. Parallelamente un’analoga opera di riscrittura è stata operata sul testo riproposto nella prima parte dello spettacolo in modo fedele all’originale ma ben presto sottoposto a una personalissima reinterpretazione grazie alla quale il tema centrale della solitudine di una figlia e della sua ossessiva ricerca di una madre si è sviluppato in una più generale riflessione sulla possibilità e il desiderio di ciascuno di amare e di essere amato.
>L’utilizzo di diversi metodo di lavoro (teatro di prosa, teatro danza, l’utilizzo di pupazzi e di ombre) ha dato la possibilità di realizzare interessanti soluzioni drammaturgiche e visive. I tempi e i ritmi sono stati dilatati per dare la possibilità agli attori di essere presenti in modo completo e attivo sulla scena e l’intero sviluppo drammaturgico e la scelta delle musiche hanno tenuto conto di questa dilatazione e questa specifica metrica.  Rigore, delicatezza e pulizia di parole, gesti e realizzazione scenica, una scenografia asciutta nelle linee e nelle luci e la presenza di soli tre colori (il bianco, il nero , il rosso): tutto è stato concepito per valorizzare e dar respiro alla spontaneità degli interpreti per far si che la loro autenticità potesse emergere, paradossalmente, proprio nel luogo solitamente deputato alla finzione: lo spazio scenico.
Si è cercato in oltre di dare maggiore spessore ai personaggi: Biancaneve è una figura solitaria e muta, paziente e rassegnata alla perdita della propria madre prima e alle angherie della matrigna dopo. La matrigna e il cacciatore emergono per la loro sadica crudeltà e i nani compaiono come figure in bilico: incapaci di prendersi veramente cura di  Biancaneve rimangono sempre ambigui spettatori del dramma che si consuma nel_cuore_inverno_altrarte_ghidorsi03sotto i loro disinteressati occhi fino a che la loro indifferenza non lirende complici attivi della sua morte.  Il Principe è anch’essa una figura “mancata” e volutamente debole, incapace di svolgere il suo ruolo di salvatore, ma condannato anch’esso ad un destino di perdita e privazione.
A differenza della fonte letteraria da cui deriva non c’è, in questo spettacolo, intento educativo: la bellezza e la bontà di Biancaneve non ricevono ricompensa,  la malvagità della regina non viene punita. Rimane soltanto l’oggettiva presa di coscienza che l’incomunicabilità, la solitudine, la volontà di prevaricazione ed annientamento sono ormai  così radicati nell’animo umano da non essere  più disvalori ai quali è possibile contrapporre il salvifico potere della parola: sono realtà ineluttabili alle quali non resta che assistere senza possibilità alcuna di potervi porvi rimedio.
Questo è il secondo lavoro (dopo il fortunato “Pinocchio, la fuga di un burattino”) che la compagnia AltrArte Teatro sviluppa su una fiaba popolare e conosciuta. La scelta di testi noti ai più permette di svolgere la trama attraverso semplici accenni narrativi lasciando maggior spazio alle suggestioni visive e connotative e rendendo il pubblico maggiormente ricettivo ai contenuti e aperto alla riflessione.

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